DOPO (il d. ogni guerra , ma non dopo le battaglie d’amore): in quel prmo “dopo” gli scenari sono tutti desolanti): basta fare rif. a quello storico-letterario descritto da John Berger (“Capire una fotografia”) ed. contrasto, 2015, p. 154.
“Era spesso da queste parti. E’stata qui durante tutta la mia infanzia, presso il negozioall’angolo, sull’autobus , al furgone dei gelati, era una parola(..)Adesso la usiamo con cautela (..) Era una parola che aveva sostanza, solidità, certezza.in mezzo a esistenze che sopportavano tutta qull’insicurezza e quella sofferenza sociale, c’era una parola che dava sicurezza. Sì, luv.”
Era la forza della’amore.
“A pag 56” –prosegue il rif. a “In Flagrante”, Londra 1898- “c’è una fotografia di un rudere antico (..) E’ un’immagine romantica, piena di una sorta di splendore. Le nuove rovine sono di un genere molto diverso. Esili, logore , consunte , vuote.Circuiti che sono stati liquidati.Spazi che sono stati abbandonati.Zone per gli scartati.”.E un verso di W.B.Yeats orna la desolazione per chi vuole far ritorno a casa: “A volte la città somiglia a un buco nero su cui le colline sono in procinto di precipitare” (ivi, p.152).
E dopo gli amplessi d’amore? Queste sono le guerre da combattere e che finiscono sempre senza vinti né vincitori: ma solo corpi ignudi che riposano soavemente in un letto disfatto. Sono anime di beati che godono al pensiero di aver tanto goduto.
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