Ezio Capizzano

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"L'intitolazione del Corso e delle V Giornate Camerti di Diritto agrario comunitario al nome di Jean Monnet".

Di quella metodologia strategica non può non farne parte la cultura. E' significativo, allora, che nel dibattito continuamente riproposto a livello politico, fra federalisti e funzionalisti, v'è chi, tra i primi, ne smussa storicamente i contrasti e sottoscrive (ALEXANDRE MARC, Fédéralisme contrefonctionnalisme, in AA.VV., Jean Monnet et l'Europe d'aujourd'hui, cit., p. 86) ciò che Denis de Rougemont mette in bocca allo stesso Monnet: "... si j'avais a tout reprendre, c'est par la culture que je commencerais". In sostanza - dice Alexandre Mare (v. nota prec. e ivi loco cit.) - la "strategie fonctionnaliste" di Jean Monnet non "rifiuterebbe affatto le recenti realizzazioni di tipo funzionale che portano dei nomi evocatori e pittoreschi, e che riguardano per la gran parte, l'educazione, l'insegnamento, la ricerca, ecc., ma Egli stesso, Jean Monnet, appoggerebbe con tutta la sua autorità questi tentativi rivolti ad applicare il suo metodo al dominio della cultura".
E cosi, quindi, l'insegnamento universitario che si sviluppa nel contesto attuale dell'integrazione europea milita, a sua volta, a completarne e perfezionarne il processo in atto e in espansione verso un "comunità' ' destinata a perdere aggettivazioni esclusive come quella di ' ' economica' ' e in cui gli uomini sono sempre di più destinati a contare più degli Stati che li rappresentano.

All'uomo Jean Monnet che "non aveva mai amato la scuola" e che rifiutava senza mezzi termini la "science livre-sque" (J .MONNET, Mémoires, Paris, 1976, p. 44) la cultura appariva nel suo reale essere, mezzo fra gli altri di unione fra i popoli che non poteva e non doveva essere disgiunta da una cooperazione a tutti i livelli e senza frontiere. Sono i popoli, e i recenti fatti dell'Est ne sono testimonianza e monito, a dare forma e sostanza agli Stati e così ad una Comunità per definizione sovranazionale come quella europea. Non più quindi l'Europa dei soli mercanti, avvertiva poi Noel nel recente incontro romano prima ricordato. E, significativamente, la riflessione che le V Giornate intendono promuovere sul secondo tema dell'incontro (v. infra il Programma) concerne la nuova concezione dell'agricoltura degli anni '90. Nel ripercorrere l'itinerario della PAC da Man-sholt a Mac Sharry, uno degli attuali Commissari al cui nome si associano le proposte di riforma del luglio di quest'anno, il nostro proposito è quello di evidenziare - in sintonia con una nostra antica aspirazione - l'evoluzione dello stesso concetto di agricoltura, da semplice attività produttiva a società coniugando ai temi dell'economia quelli di una sempre maggiore politica di coesione sociale e di valorizzazione del mondo rurale. Trattasi di un'ulteriore "fase" di quel processo di integrazione che Monnet preconizzava come graduale, costante e progressivo e al quale intende partecipare, attraverso il dibattito e la "forza" della cultura, la cattedra camerte di Diritto agrario.

V. la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo su "Evo-luzione e futuro della politica agraria comune" (Com (91)258 def.) del 19 luglio 1991, proposte di riforma della PAC che fanno seguito al documento di riflessione (Com (91)100) del 1° febbraio 1991. Su tali proposte dibattute recentemente (settembre 1991) a Bruxelles in sede di Consiglio agricolo è significativamente intervenuto il Commissario CEE all'ambiente Ripa di Meana considerandole più attente, rispetto a precedenti idee sulla riforma e all'attuale politica, agli aspetti ambientalistici. In particolare la nota diffusa dal Gabinetto del nostro Commissario rileva che il futuro della PAC è legato allo sviluppo di un'agricoltura ambientalista "intesa come business e come servizio remunerato dalla società".