L'ULTIMO DEI BARONI IN UN CAMPUS DI TULIPANE"

Pubblicato in: Bibliomania, http://guide.supereva.it/bibliofilia/interventi/2006/01/239899.shtml.

Un libro verità in cui l'ex docente, guidato dalle domande del friulano Temistocle, ripercorre la vicenda giudiziaria, i rapporti sessuali con le studentesse, gli amori, il suo rapporto con la Fede, le sue attività e la sua infanzia. Ezio Capizzano non si risparmia e s'impegna a soddisfare le curiosità del lettore

"Un titolo senza dubbio invitante per un argomento intrigante: il sesso sulla cattedra, non come argomento di studio, ma come pratica. Tutto scritto, raccontato e documentato anche in video dal protagonista. Un libro sconvolgente che certamente andrà a ruba sia nell’ambiente studentesco che in quello baronale delle università del nostro Paese. Ha amato centinaia di donne. Chiama l’organo femminile “sfogliatella calda”. E’ il professore barone che si dichiara poligamo per natura e racconta: “Ho sempre fatto tutto per amore. Ho filmato le ragazze, è stato solo per la memoria”. Il libro è pubblicato dalla Editrice “Comunicare” di Tolentino. Senza voler fare della facile ironia con dubbie lezioni di moralità decisamente fuori luogo, io ritengo che il libro debba essere letto come un importante documento di storia del costume contemporaneo per la comprensione dei comportamenti dei personaggi e degli ambienti coinvolti".


"Di quella vicenda, quello che mi ha più ferito è il fatto che la mia figura sia stata ridotta al pornoprof, dimenticando la mia professionalità, la stima e i riconoscimenti internazionali, come l'istituzione della cattedra di diritto europeo. Sono stato avvocato e insegnante, ho formato ottimi avvocati".





Capizzano comincia il libro rievocando un'antica avventura amorosa con una cliente per una causa di separazione. Più che un memoriale vero e proprio, il libro è però una sorta di racconto autobiografico tra verità e fantasia, scandito dalle domande di un interlocutore-confessore, il friulano Temistocle, in cui l'interrogato (Diego, ossia lo stesso Capizzano) si abbandona a divagazioni e ricordi. Molti i riferimenti a personaggi e vicende che ruotano intorno all'Università di Camerino. Molte le figure femminili (tra cui una misteriosa Lei) e gli episodi scabrosi. Ma ci sono anche richiami alla figura della madre, figlia illegittima di un barone calabrese, e riflessioni di carattere filosofico sulla caducità della vita e persino religiose. "Mi considero cristiano e vado a messa, non vedo disapprovazione della sessualità nel Vangelo" spiega il professore. Che, in un passo del libro, riconduce la sua vicenda "all'agire in fraterna solidarietà e all'accettare la gratificante cultura del donare". La stessa, fa capire, che è stata alla base di tutti quegli incontri con studentesse sul divano del suo studio.
Capizzano ha già scritto altri libri pronti per la pubblicazione: "Il romanzo di Alice", una grande storia d'amore tra un uomo di una certa età e una ragazza, e la raccolta di racconti "Agenda illegale".

da "L’ULTIMO DEI BARONI IN NUN CAMPUS DI TULIPANE"

"Nunziatella era una donna caldissima e lo sentivi, il corpo si scioglieva, quasi a svenire. Una volta lo facemmo in un cinema di periferia nella zona di Porta ticinese: me la tenni quasi svenuta su di me per mezz’ora. E alla maschera, quell’ometto con la pila tascabile che ti cercava il posto (non so se si usa ancora) che, notato il tramestio, avvicinandosi,illuminava la place, dissi: “abbi pazienza, non sta bene, ha bisogno del biberon”. Capì e si allontanò. E ce la cavammo come tante altre volte al cinema Italia, ai tempi del liceo, con la giovane Mimmolina. All’ultimo posto della tribuna i controlli erano impossibili. Era vergine: quando la toccavo con un dito premendo appena sull’imene saltava e si ritraeva di scatto. Fino a quando non venne il momento giusto nel bosco verso Dipignano. Allora, abbandonandosi a me totalmente, volle perderla senza esitazioni e io l’accontentai. Ma con dolcezza. Fu innamorata di me e per un anno ci frequentammo e alla casa dello studente di viale Romagna a Milano il postino mi recapitò quasi un 150 espressi. Mi scriveva quasi ogni giorno.E quando scendevo a Cosenza,e lo facevo periodicamente ogni quindici giorni,era festa grande.
Elegante e minuta non mancò di sorprendermi quando volle che lo facessimo in pieno giorno in un portone di via Rivocati. Più avanti nella piazza Riforma c’era il negozio di suo padre. Adusata com’era ormai al coito non tollerava i lunghi periodi di astinenza e si sposò in breve tempo chiedendomi in restituzione foto e lettere. In una di queste mi scriveva che l’ultima volta... in quel portone sui gradini delle scale lei, messasi su uno di essi in posizione ginecologica, aveva apprezzato l’unione fra sesso e rischio. Se non... risichi, come si dice, non rosichi.
Come una volta a Corsico dove l’arrivo inatteso del marito di Nunziatella mi costrinse nottetempo a buttarmi dal balcone. Quasi quattro metri e senza fratture.

Senza rischio alcuno, invece, il rapporto con Susanna all’epoca in cui Paola aveva sostituito Sandrina. Con la prima il nostro rapporto iniziò quando giunti ad Ascoli Piceno nel giro di distribuzione del nostro “Giornale” si era già fatto notte e occorreva cenare e pernottare del nostro freddo d’inverno. Era eccitante l’idea di scaldarci e lei pur ben messa con qualche chilo in più soffriva il freddo. La cosa migliore è mangiare un boccone e andare a letto dissi. Nessuna obiezione, anzi ”ecco li c’è un albergo-ristorante”.
Una cena ascolana, buona cucina con le olive famose farcite e fritte vino rosso e a letto, non le ipocrite due stanze magari comunicanti ma un alcova per due innamorati. Era la prima volta che lo facevamo, lei usciva da una delusione amorosa e fu, anche per questo in fondo, facile preda. Un lungo amplesso sotto le stesse coperte cui ne seguirono tanti altri, ma un freddo cane. Eppure il riscaldamento c’era e quando nelle prime ore del mattino il freddo si fece sentire ancora di più finalmente scoprimmo che dietro la grossa tenda c’era la finestra aperta. L’unico modo per riscaldarci l’avevamo però scoperto noi e sapete quale fu.
Ma Paola che peraltro non doveva essere gelosa non si accorse mai degli estemporanei rapporti con Susanna. Anche perchè questa donna di appena trent’anni era gentile e discreta (poi sposò un vedovo funzionario di banca), unica al mondo per la dolcezza e direi almeno seconda per bellezza. L’avevo conosciuta come indossatrice, sfilava in pelliccia al Santa Cristiana, e l’approccio fu naturale, forse si sentiva attratta più di quanto all’inizio mi attraesse lei. La prima volta che venne a trovarmi alla sede della Rivista e del Giornale, cui ci eravamo trasferiti da poco dal palazzo Macchiati sul corso era inverno. Annunciata da Paola, la feci entrare nel mio studio. La feci distendere subito sul divano, non quello famoso dell’università ma ancor più accogliente e di proprietà della casa editrice che ospitava il centro studi, e silenziosamente, e veramente dolcemente, facemmo l’amore. Susanna era tutta bella e aveva anche un seno portentoso. Quel seno mi offriva spesso nel palazzo Macchiati per prepararmi al rapporto ed era anche meravigliosamente dolce nell’usare la bocca. I nostri rapporti erano talmente naturali che passò nella mia storia personale senza lasciare vuoti da riempire. Al commiato mi salutava ringraziandomi. E, a pensarci, doveva essere il contrario. Restavo disarmato e Augustin, che allora preparava con me la presentazione del volume su “Agricoltura e territorio” e che ebbe modo un giorno di conoscerla, mi diceva spesso nelle mie visite spagnole “Ah! Susanna”.

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